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Antonella

Questa è una storia vera, o, perlomeno, si presenta come tale.
Mi chiamo Antonella, ho 27 anni e sono di Milano.

Ho traslocato da poco in una vecchia corte medioevale di un paesino del centro Italia.
Dopo ventisette anni di vita cittadina, ho optato per la natura e la calma.

La casa che ho comprato è molto vecchia ma è stata ristrutturata, e ha tutti i comfort per condurre una vita moderna.
Nonostante questo, quando ci si trova all’interno, si ha sempre l’impressione di vivere nel passato, nella storia.
L’atmosfera, le vibrazioni dell’aria sono antiche, sembrano rimaste le stesse di un tempo.

Giorni fa ho notato una crepa nel pavimento.
Stavo per chiamare qualcuno che mi potesse aiutare, quando , alzando la piastrella che si era sollevata e poi rotta, ho notato un gancio. Un gancio che serviva per aprire qualcosa.

Non mi dilungo nel raccontarvi come abbia fatto a sollevare quella specie di coperchio, vi dico solo che quello che ho trovato dentro ha dell’incredibile.

C’erano tessuti ed oggetti di secoli fa. Un’emozione altissima, come poche volte in vita mia ho provato.
E tra questi, tutte rovinate, le seguenti lettere:

1.

Fa molto caldo e le lacrime si mischiano alle gocce di sudore.
Non ricordo più l’ultima volta che ho pianto per un motivo che non sia questo.

Odio il mondo ed odio me stessa.
C’è male peggiore? C’è umiliazione più grande?

Oggi ho incontrato Claudio, tornava da una fiera ed era così bello. Sentivo di diventare rossa in viso e non sapevo che cosa dirgli.
Mi ha chiesto di incontrarci al fiume domani sera e io non sono riuscita a dire niente.
Avrei voluto gridare di sì e dirgli tante altre cose.
Lui continuava a fissarmi, poi, il padre l’ha chiamato ed è andato via.

Mi chiedo perché questo male ha colpito proprio me.
Mi chiedo se è possibile vivere e sentirsi morire dentro.

2.

Sto ancora male. Questa volta il dolore non passa.
Oggi sono rimasta tutto il giorno in casa.
Non riesco a pensare a nient’altro che a questo. Sento la speranza, un tempo forte, allontanarsi.
Sento inutile la mia esistenza, proprio per il fatto che non è l’esistenza che desidero.
Ogni uomo ha il diritto di essere quello che vuole.

Sogno un mondo senza altri uomini, perché sarebbe l’unico modo per non sentirmi diversa.
O un mondo dove tutti gli uomini e le donne parlino come parlo io.
Un mondo dove non mi vergognerei di esistere, dove potrei sentirmi finalmente bella ed interessante.

3.

Sono passati sedici giorni dall’ultima volta che ho scritto e ho una novità importantissima.
Non voglio crederci fino in fondo, perché ho paura di un’amara delusione ma non posso fare a meno di pensarci e sperarci continuamente.

Due giorni fa, nel pomeriggio, sono uscita con mia mamma per andare a ricamare da Lucia.

In paese è arrivato un gruppo di stranieri che parla a stento la nostra lingua e la sera ,seduti per terra, fermano la gente per leggere loro il futuro.

Una signora del gruppo ha insistito così tanto che mi sono dovuta fermare.
Mi ha detto che sentiva la mia sofferenza.
Poi mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto che presto incontrerò qualcuno che mi aiuterà.

Ho chiesto se ne fosse sicura, lei ha fatto sì con la testa e,con fare brusco, mi ha detto di andare.
Tornando dal ricamo, mi è venuto incontro saltellando un giullare.

Ha preso la mia mano, mi ha invitato a fare due passi di danza.
Poi quasi urlando:

“Il mio nome è Riccardo, è il mio dir non è un azzardo.
Vengo ad invitarti nella casa nel bosco, e non pensare ad un invito losco.
Il tuo mal può essere curato, se la tua fiducia ci avrai dato”

Il giullare si allontana.
Incuriosite ci informiamo in paese su chi sia l’abitante di quella vecchia casa nel bosco, che da tanto era disabitata.

Ci rispondono che uno strano uomo, venuto da chissà dove, ci abita con altre persone incontrate e portate con sè da altri paesi. Si dice curi i malparlanti ma che il Re vieti di incontrarlo, poiché sicuro che un male del genere non possa essere curato, se non con la stregoneria.

Voglio andarci.
A costo di non tornare più a casa e vagabondare con loro di paese in paese.
Mia mamma è preoccupata. Dice che se il Re ci scoprisse, chissà quali pene sarebbe capace di infliggerci.
Non può essere una casualità quello che la signora mi ha predetto.

4.

Questa notte andrò nel bosco.
Quando tutti dormiranno, mi vestirò di nero, mi coprirò il capo con un scialle e uscirò di casa.
Sento il cuore battere forte.

5.

E’ Settembre e non ricordo Settembre più bello.
Mi trovo a Sud della penisola e fa ancora caldo.
Vivo con il gruppo della casa nel bosco.
Con l’uomo odiato dal Re, il Maestro Peppe che, a sua insaputa, noi chiamiamo testa di cocomero, per la completa assenza di capelli, e con tutti gli altri ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte.

Sono passati due mesi da quella notte, nella quale sono scappata di casa per raggiungerli, e la mia vita non è più la stessa.
Non credevo gli alberi potessero essere più verdi, il sole più caldo, il cibo più saporito.
Vivo in un perenne stato di ebbrezza. Niente è più uguale, semplicemente perché è più bello.

Quella notte raggiunsi la casa, bussai e venne ad aprirmi una ragazza, si presentò: “Debora” , con la tavolozza in mano e tutta sporca di tempera colorata. Mi disse di entrare e di accomodarmi. Non poteva restare con me, perché stavo terminando un quadro ispirato alla vita del Maestro Peppe e del suo fedele amico, il giullare Riccardo.

Dopo pochi minuti arrivò il M. Peppe.
Il resto è storia recente, recentissima.

Spero ci sia presto un nuovo Re, più buono e sensibile, così da poter tornare a casa da mia mamma e raccontarle ogni cosa.

Il mio male sta passando e, se ne sento i passi, so come farlo tornare indietro.
Non mi sono mai sentita così libera e felice. Libera di essere semplicemente quella che volevo essere.

Il buio che vedevo dentro di me è lontano. Ora voglio vivere tutto quello che non ho vissuto.

Voglio amare come non ho potuto amare.

FORTEMENTE
INDISCUTIBILMENTE
PER SEMPRE