Mi chiamo Domenico,
sono un ragazzo di 26 anni e da quello che ricordo ho sempre balbettato nella mia vita. Balbettare non vuol dire solo bloccarsi mentre si parla, non riuscire a dire una parola; dietro quella partenza forzata c’è una sofferenza, uno stato di frustrazione e d’impotenza non immaginabile: chi non ha mai balbettato non può capire. E così cresci, cresci con la speranza di lasciarti alle spalle quel disagio che ti ha fatto sentire più e più volte non adatto alla situazione, o peggio ancora diverso, disagio che ti ha messo duramente alla prova e segnato in maniera indelebile. Purtroppo però mi sono accorto che crescevo senza riuscire a scrollarmi di dosso questo terribile peso, anzi sentendolo ancora di più.
Così circa un anno fa iniziai a capire la causa del mio problema e a prendere in considerazione l’idea di fare qualcosa di concreto per potervi porre rimedio. Per puro caso un giorno mi sono imbattuto in un video su youtube in cui un uomo raccontava la sua storia in tv: la storia di un ex balbuziente che aveva smesso di balbettare e insegnava agli altri come smettere. La cosa mi interessò e soprattutto mi affascinò tantissimo.
Perché solo chi ha balbettato può capire il tuo stato d’animo, e quello che hai provato nella vita.
Iniziai così a mettermi in contatto con l’associazione di “Peppe Coppola”.
Una volta chiariti tutti gli aspetti tecnici abbiamo fissato il primo appuntamento che sanciva anche l’inizio del corso. Al primo appuntamento erano presenti Peppe, Savio che sarebbe diventato il mio tutor personale e Flaviano con cui ho tenuto corrispondenza prima di iniziare.
Da subito mi sono sentito a mio agio, e una volta arrivata Manuela, dolcissima bambina con il mio stesso problema, Peppe ha iniziato spiegando la natura del nostro problema, cosa vuol dire essere balbuziente e illustrandoci più o meno il percorso da fare e il risultato da ottenere.
Un normoloquente pensa le prime tre o quattro parole prima di parlare e riesce a sviluppare la frase mentre parla; un balbuziente pensa tutta la frase prima di iniziare a parlare, e la sua mente individua già tutti i possibili blocchi che la frase prospetta.
L’esercizio della prima lezione consisteva nell’effettuare aperture massime su ogni vocale, prolungandone la pronuncia logicamente ognuna diversa dall’altra , effettuando contemporaneamente cambi veloci da una vocale all’altra e iniziando a pensare mentre si parlava proprio durante quel prolungamento di vocale.
In questo caso le aperture avevano lo scopo di farci concentrare su di esse, facendoci dimenticare dei possibili blocchi. Le aperture però essendo sempre uguali con l’andar del tempo sarebbero state automatizzate dalla nostra mente, così il secondo giorno ha sancito l’introduzione di alcuni esercizi, che consistevano nel prolungamento della prima vocale in caso se ne dovessero trovare due vicine; nel prolungamento della vocale di una parola che inizia per vocale se questa preceduta da altra parola che termina per vocale; e il prolungamento della R se questa preceduta da consonante.
La nostra mente non potrà mai automatizzare il riconoscimento di tutti gli esercizi perché le parole che usiamo nelle frasi sono sempre diverse. Il prolungamento degli esercizi aveva lo scopo di farti abituare al loro riconoscimento e darti il tempo di riuscire a pensare e a riconoscerli allo stesso tempo.
I primi giorni di corso ero davvero affascinato dalla spiegazione dei meccanismi che c’erano dietro lo svolgimento degli esercizi e mi accorgevo davvero che nelle mie due ore passate con Savio non pensavo minimamente ai blocchi. Quando mi sono accorto di questo ho iniziato davvero a credere di potercela fare , ho iniziato ad essere un po più ottimista, anche se la difficoltà di dover pensare mentre parlavo mi buttava giù spesso.
I balbuzienti sono tutti uguali… ci si può bloccare una volta alla settimana o dieci volte al giorno; non c’è alcuna differenza , perché ti rende balbuziente non il blocco ma il pensare da balbuziente, la paura dei possibili blocchi quando parli.
Logicamente ognuno di noi è in grado di gestire la propria ansia in maniera diversa, ognuno di noi ha una soglia di sopportabilità dell’ansia; più si supera quella soglia di sopportabilità più aumenta la velocità nel parlare, provocando di conseguenza più blocchi perché riduciamo sempre più la capacità di pensare. Molti di noi negli anni hanno sviluppato la capacità di aggirare l’ostacolo, proprio come nel mio caso, riducendo la possibilità di far accorgere agli altri del nostro problema; noi passiamo una vita succubi del pensiero altrui.
Il quarto giorno abbiamo introdotto una nuova “lingua”, chiamata: accelerazione e frenata.
L’attuazione di questa lingua comportava l’esecuzione di tutti gli esercizi, con l’aggiunta però della prima vocale lunga.
Questa lingua è una lingua intermedia , cioè un misto tra balbuziente e normoloquente.
Il balbuziente come detto prima è abituato a pensare tutta la frase prima di parlare, riesce a creare solo frasi brevi e pensa durante il discorso grazie a delle pause. Quindi noi con la prima lunga non facciamo altro che sostituire i nostri silenzi e soprattutto iniziamo la frase in maniera più lenta per poi riuscire a prendere velocità durante il discorso. Un normoloquente inizia a parlare a velocità bassa dicendo le prime parole pensate per poi accelerare sviluppando la frase. Una volta presa dimestichezza con questa lingua, siamo arrivati all’ultimo tipo di linguaggio “il parlare”, spiegata da Peppe. L’esecuzione di questa tecnica comporta l’iniziare la frase con la prima lunga che in questo caso elimina la possibilità di blocco iniziale e soprattutto da l’input il riconoscimento degli esercizi, logicamente marcati in maniera lieve.
La velocità con il quale parliamo è soggettiva, cioè è proporzionale alla capacità che abbiamo sviluppato nel riuscire a pensare mentre parliamo riconoscendo tutti gli esercizi. Logicamente in una situazione di ansia elevata facciamo fatica a pensare e proprio in questo caso dovremmo ricorrere alla nostra velocità di sicurezza, cioè quella velocità che ci da la certezza di riuscire a pensare mentre parliamo riconoscendo tutti gli esercizi. Ho iniziato sin da subito a mettermi alla prova cercando di mettermi alla prova all’esterno. Il primo giorno è stato bruttissimo perché il dover mettere in pratica la tecnica , ma soprattutto il dovere sentirmi “strano” agli occhi della gente con la quale parlavo in quel modo mi ha destabilizzato emotivamente. Il secondo giorno l’ho iniziata a sperimentare a lavoro… mi sentivo ugualmente strano, ma per la prima volta nella mia vita ho iniziato a parlare del mio problema e a spiegare il mio percorso, la mia voglia di cambiare a tutta la gente che mi guardava in maniera stupita visto il mio modo di parlare. Questo passo mi ha fatto pensare molto, e mi ha fatto capire soprattutto che qualcosa era cambiata in me. Nonostante i primi giorni di euforia , per via della mancanza dei blocchi, spesso mi ritrovo di fronte a situazioni di ansia e rabbia nelle quali la paura dei blocchi ritorna. Nella fase finale del corso ho rivisto me nella dolcissima Manuela; fare lezione con lei è stato piacevolissimo, e spero che in un futuro capisca quanto è stata fortunata nell’avere dei genitori che hanno accettato e riconosciuto il suo problema , impegnandosi per la sua risoluzione…
Sono passati solo quattro giorni dalla fine del corso; e posso dire di aver trovato quasi del tutto sicurezza nelle situazioni normali, e già questo posso assicurare che mi da una gratificazione assurda… so che devo crescere e so che troverò ostacoli che mi butteranno giù, ma so anche di essere capace di autocorreggermi e di crescere grazie alla tecnica insegnatomi e ai concetti capiti.
Ringrazio di vero cuore Savio e Peppe.
Li ringrazio per essermi stati vicini durante questo breve ma intenso periodo con immensa umanità, ma soprattutto per avermi dato la possibilità e la speranza di riuscire a cambiare il mio presente e il mio futuro, per avermi dato la speranza di riprendermi tutto quello che la balbuzie mi ha tolto in 26 anni.